Sovranità monetaria

L’Euro è tecnicamente fallito.

L’Uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, come prevedibile, lascia parecchi strascichi non solo fra i sudditi di Sua Maestà, ma anche nell’Eurozona. La quale si è risvegliata con una stella in meno nella propria bandiera ed una serie di problemi irrisolti che, se possibile, fanno ancora più rumore di prima. Uno dei timori maggiormente condivisi è che ora, senza il ‘peso’ britannico, la Germania sarà ancora più dominante nelle politiche economiche dell’area Euro. Ma il punto cruciale resta la sostenibilità dell’Euro, che il premio Nobel per l’economia Josip Stiglitz aveva già definito “tecnicamente fallito” proprio a causa delle politiche tedesche. Ora, ad affiancare un parere così autorevole, c’è anche l’ex Governatore della Banca di ItaliaAntonio Fazio. Fazio è tornato a fare le sue analisi sull’economia nazionale e internazionale in un incontro promosso dalla Fondazione Formiche e da Spin, puntando il dito contro Olanda e soprattutto Germania, e i loro mostruosi surplus commerciali, nell’analisi del mal funzionamento della moneta unica. “La sola Germania mette da parte così più di 300 miliardi di eurol’anno – ha detto -, e lascia tutti gli altri paesi in deflazione, che produce bassa crescita e disoccupazione. Se non si rimettono in circolo quei 300 miliardi non c’è speranza che l’Europa e la sua moneta restino in piedi”. Come aveva previsto Stiglitz già due anni orsono.
Del resto anche il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi aveva replicato agli attacchi di Berlino contro la sua politica dei tassi bassi sottolineando che il persistente surplus della Germania nel saldo con l’estero nè è una delle cause principali, suscitando reazioni rabbiose. Ma è ormai oggettivo che I tassi bassi e il surplus tedesco sono i due gemelli micidiali dell’economia dell’Eurozona. Il surplus è la causa dei tassi bassi, come dice giustamente Draghi. Ma è vero anche che i tassi bassi nell’ultimo anno hanno fatto crescere il surplus, grazie alla svalutazione dell’euro: infatti, una valuta deprezzata rende i beni e servizi tedeschi più competitivi al di fuori della zona euro. Insistendo sull’austerità durante la crisi dell’Eurozona – scrive in proposito il Financial Times -, e non aumentando la spesa per investimenti in patria, Berlino ha contribuito in modo decisivo adeprimere la domanda aggregata, sia entro i confini nazionali sia nell’Eurozona in generale. La lunga depressione dell’Eurozona ha provocato il calo dell’inflazione al di sotto del tasso obbiettivo (che è appena sotto il 2 per cento). La risposta della Bce è stata tagliare i tassi a breve termine a livelli negativi e comprare attività finanziarie. Se la politica di bilancio della Germania fosse stata neutrale, in questo periodo, il compito della Bce sarebbe stato più semplice: avrebbe centrato il suo obbiettivo di inflazione e non avrebbe dovuto ridurre così tanto i tassi.
In teoria – come fa notare Wolfgang Münchau sul Financial Times -, una soluzione semplice ci sarebbe: Berlino potrebbe tagliare le tasse e aumentare la spesa per investimenti. I margini per farlo ce li ha, e in abbondanza: dopo anni di austerità, il moltiplicatore fiscale – l’impatto di ciascun euro di spesa in disavanzo – è considerevole. Sfortunatamente, la regola tedesca che obbliga al pareggio di bilancio rende impossibile seguire questa strada. Cosa ancora più importante, l’elettorato e i suoi rappresentanti politici non vogliono seguirla. Vogliono rifondere i loro debiti: è una scelta sbagliata, ma è una scelta democratica. La conseguenza, però, è che finché la Germania rimarrà nell’euro gli squilibri non potranno correggersi da soli.
RIPRENDIAMOCI LA SOVRANITÀ MONETARIA
Gli interessi sul debito pubblico stanno ammazzando il Paese e smantellando lo Stato Sociale. Gli interessi passivi annui sul debito pubblico sono destinati ad aumentare e a raggiungere quota 100 miliardi nel 2015. Dai 78 miliardi pagati dallo Stato per finanziare il proprio debito nel 2011 si passa agli 89 nel 2012 per salire ai 95 nel 2013 e per arrivare a quota 99,808 nel 2015. Negli ultimi 30 anni l'Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi sul debito, una mostruosità.
I miliardi che lo Stato destina al pagamento degli interessi sul debito sono sottratti ai servizi primari dei cittadini: pensioni, sanità, ammortizzatori sociali, istruzione, risorse per le PMI. Con l'euro il debito pubblico non potrà che continuare a crescere e gli interessi ad aumentare fino a quando lo Stato Sociale italiano non sarà completamente smantellato e diventerà un guscio vuoto. Un corpo spolpato dalla BCE.
Il debito pubblico va ridenominato in una nuova moneta associata al valore della nostra economia. Pagheremo quindi meno interessi sul debito. Lo Stato ricomincerebbe ad utilizzare il suo avanzo primario di cui già dispone (al netto degli interessi sul debito) per finanziare attività e welfare. Con l'Italia fuori dall'euro, le PMI italiane potranno tornare nuovamente competitive e l'occupazione in crescita e gli investitori stranieri finanzieranno comunque il nostro debito che sarà sostenibile e onorabile.
Fuori dall'euro c'è salvezza, ma il tempo è scaduto. Riprendiamoci la sovranità monetaria e usciamo dall'incubo del fallimento per default. Per non finire come la Grecia. Fuori dall'euro o default. Non ci sono alternative.

I COSTI DELL'EURO
Quando si parla di ritorno alla sovranità monetaria, quindi di una moneta sotto il controllo dello Stato italiano e non di entità bancarie straniere spesso le persone pensano "E dopo cosa ci succederà?". Si sono assuefatte all'euro e si fidano di più dei killer economici, degli strozzini della porta accanto, in questo caso rappresentati da istituti di Paesi europei che hanno comprato i nostri titoli pubblici in questi anni (ben il 30% sono detenuti all'estero), che di qualunque governo italiano. E vanno capiti con i governi che abbiamo avuto... Gli stessi dubbiosi non si fanno però la domanda opposta "Quanto ci costa rimanere nell'euro?" Una prima risposta sono gli interessi sul debito pubblico che si accumula di anno in anno, che a luglio ha segnato il >record storico di 2.168 miliardi di euro. Con la moneta emessa dallo Stato italiano, attraverso la Banca d'Italia, che tornerebbe prestatore di ultima istanza così come era prima dell'entrata nello SME, gli interessi richiesti unitamente all'avanzo primario consentirebbero ai tassi di rimanere sotto controllo e certamente di portarci fuori dal panico da spread a cui siamo esposti oggi con cadenza ormai regolare. Meglio per le banche private ammazzare il debitore che rinegoziare. Il debitore, l'Italia, ha invece l'interesse contrario. L'Italia ha un avanzo primario di circa 40 miliardi prima di pagare gli interessi sul debito."Quanto ci costa rimanere nell'euro?". Comunque troppo e senza nessuna ragione.

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